Ritratti di vita, sottratti all’oblio della memoria la cui durevolezza, attraverso l’uso sapiente del’obiettivo, resta impressa nello scatto. Fotografie dunque, custodi di affetti trascorsi e resi vivi dall’abile attualizzazione del rispettivo composit. E scatti come interpreti, di un classicismo riletto nella naturalezza di un contesto in continua evoluzione, libero ed incontaminato per la sua stessa essenza.
Il processo foto-chimico che fissa l’immagine in modo permanente su un supporto sensibile alla luce, nell’accezione tecnica della parola fotografia la cui etimologia, di origine greca, deriva dai termini phōs, ovvero luce, e graphy, per disegno, da cui disegnare con la luce. Il cui atto, nell’arte digitale di Carlo Guidetti, ricolloca i soggetti scelti, cari all’autore, nel contesto originario come attualmente appare. Oltre gli scatti e la rispettiva composizione, livelli di memoria dunque, duplicati spazialmente e temporalmente nel recupero adattivo di una scenografia ospite dei propri affetti che permangono, poeticamente, attraverso l’attualità dell’artefatto. E nuova linfa, delle immagini tratte dagli album di famiglia, ancor più intrise d’emozione e nostalgia. Se non sintesi, della ricerca attenta e costante le cui radici affondano nell’approccio documentaristico per evolvere, tramite studiata sperimentazione, nell’astrazione, culminando nel progetto Vivere il tempo, corpus della corrente rassegna cui Guidetti, abile interprete dell’umano sentire, dona forma e tangibile sostanza attraverso la memoria.
Rigore tecnico, espresso dall’impiego magistrale della sola luce naturale, e compositivo, colto nella collocazione dei soggetti prediletti, sovente tratti dalla cultura rinascimentale se non, alle fonti, da quella egizia, romana e greca. Evocata, quest’ultima, dal culto delle Naiadi, ninfe deputate al presidio di laghi, fiumi e sorgenti cui il fotografo piemontese Mauro Martin riferisce nella scelta della giovane ritratta nel contesto della Val Sesia. Selvaggio e naturalmente incontaminato, ospite di una musa ispiratrice la cui rappresentazione, al limite dell’onirico, comunica attraverso un linguaggio del corpo spontaneo e seducente, inducendo l’osservatore a riflettere sul rapporto tra umanità e purezza la cui essenza pulsa negli scatti di Martin. Ed evolve, nel progetto corrente Naiad, nell’astrazione della protagonista che lascia spazio al solo gioco di forme e colori preesistenti, la cui fluente armonia ricalca e sviluppa, tecnicamente, i dettami precedentemente acquisiti dal Maestro Raffaele Pontecorvo e la poetica, propria dell’autore, la cui innata grazia altro non esprime che il candore, innocente e composto, di un sentire maturo in costante rinnovamento.
Testo critico e presentazione:
Pietro Franca